Sabato 18 settembre, sono da poco trascorse le sei del pomeriggio. La Galleria “Arte Incontro” di Anzio è avvolta nella semioscurità. Lungo le pareti, al buio, immagini di Capitale e della campagna romana sembrano correre a convergere verso quell’unico punto di luce in fondo alla sala: un tavolo con una sedia vuota ed a fianco, seduta su un cuscino, Giulia Cherubini, poetessa emergente che con la sua opera prima “(C)arte (S)tracce” (L’Autore Firenze Libri) ha già conquistato un posto nel cuore del suo pubblico d’estimatori. Su un sottofondo di musica etnica leggerissimo, danza la voce dell’autrice intenta a leggere le sue poesie: sentirla senza vederne la fonte dà un che di vago ed etereo ai suoi versi, come arrivassero da lontano, come fossero un tutt’uno con quelle melodie un po’ esotiche suonate da un vecchio stereo che sa d’adolescenza e vita vissuta. Poco importa se in realtà è tutto frutto di una circostanza accidentale, perché la nostra poetessa soffre di male al collo ed in quella posizione si trova più comoda: fa parte di lei anche questo, far le cose come vengono e senza troppe formalità. E’ forse anche per questo che non ci sono relatori e professori a parlare di lei: solo Giorgio De Santis, pittore cubo-futurista e presidente dell’Associazione Culturale "Arte Incontro", ed organizzatore dell’evento, ad introdurre velocemente il reading e la presenza del prof. Marigliani. Poi, solo la poesia a parlare di sé: Una poesia che, invece, è finemente costruita. Giulia Cherubini dimostra, infatti, un’innata capacità di giocare sapientemente con le parole, accostando non senza coraggio sonorità e stonature, anafore ed anagrammi, che danno vita ad aforismi taglienti ed incisivi come lame. Lo spirito ribelle dell’autrice torna nell’assenza totale di punteggiatura e lettere maiuscole, ma ancora una volta è una ribellione solo apparente, perfettamente compensata da un uso accuratissimo degli spazi bianchi. Una poesia grintosa e delicata al tempo stesso, raccontata con un soffio di voce dolorosa ma dolce che incanta l’auditorio: del resto, la nostra poetessa ha anche un piccolo passato canoro di tutto rispetto! Il pubblico ne rimane così incantato che anche quando, per un disguido organizzativo, Giorgio De Santis invita a riprendere il reading dopo aver prematuramente terminato l’evento ed aperto il buffet, è questione d’attimi perché tutti riprendano silenziosi il proprio posto e sprofondino nuovamente nella magia: questa volta, l’autrice legge i suoi inediti haiku, componimenti poetici di matrice giapponese in tre versi rispettivamente di cinque, sette e ancora cinque sillabe che rifuggono ogni forma di fronzolo e vezzo lessicale. La lettura finisce, ed in un momento l’atmosfera torna leggera e giocosa: la nostra poetessa si rilassa su una sedia, firma dediche e chiacchiera di musica e vita reale. Come se quell’ora, trascorsa nella penombra d’immagini e sonorità, fosse stata solo un sogno. Forse, il dubbio ci sfiora, un sogno lo è stato davvero.
Beatrice Della Bella
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