martedì 1 luglio 2008

Amilcare Cipriani


Amilcare Cipriani nasce il 18 ottobre 1843 ad Anzio, da Felice Cipriani e Angela Petriconi, poi il padre proveniente da una famiglia originaria di Rimini è costretto a causa delle sue simpatie anti papali a rimpatriare quando lui era ancora in fasce. La vicenda personale e politica di uno degli internazionalisti più famosi del mondo s'intrecciera anche con la vita di Giuseppe Mazzini (nato il 22 giugno 1805 a Genova). Come scrisse Guido Nozzoli in una biografia giornalistica (1954), Cipriani fu battezzato dal padre «con una manciata di polvere da sparo». Partì volontario nel 1859 nascondendo la vera età, e combatté «come un demone» a San Martino (dove ci furono 27.000 fra morti e feriti). Seguì poi Garibaldi in Sicilia. Con l'esercito regio partecipò successivamente alle operazioni contro i briganti abruzzesi. Nuovamente fra le fila garibaldine nel 1862, riuscì a non farsi catturare dopo l'episodio d'Aspromonte, ed a fuggire in Grecia, sopravvivendo (soltanto lui ed il capitano della nave) ad un naufragio. «Sui Campi di Grecia la sua temerarietà non conosce limiti». Non potendo tornare in Italia per non finire in carcere, punta all'Egitto dove s’impiega al Banco Dervieux e lavora all'esplorazione delle fonti del Nilo. In vista della terza guerra d'indipendenza, costituisce la «legione egiziana» senza assumerne il comando, e parte per Brescia dove si arruola ancora con Garibaldi. Chiusa questa fase, corre in Candia a dar manforte contro i turchi. Nuovamente in Egitto, è coinvolto in una rissa: si difende uccidendo tre persone, un connazionale e due poliziotti. È il 12 settembre 1867. Da clandestino parte alla volta di Londra dove vive facendo il fotografo. Ritrae la regina Vittoria (da lui rimproverata perché non stava ferma durante la posa); ed in segno di amicizia Mazzini nella celebre immagine meditativa. «Proprio per aderire ad un disegno di Mazzini nel 1870 Amilcare lascia Londra», incaricato di «accendere dei focolai di guerriglia in Lucchesia». Torna a Londra dove gli perviene un messaggio dell'amico prof. Gustavo Flourens conosciuto in Candia: deve raggiungerlo a Parigi. La Francia il 2 settembre 1870 è battuta a Sedan dalla Prussia. Il giorno dopo il regime imperiale di Parigi è rovesciato. Nasce la terza Repubblica. Il 18 marzo con un'insurrezione popolare si forma la Comune di Parigi, soffocata nel sangue il 21 maggio. Anche qui Cipriani è sempre in prima fila. Catturato, condannato a morte, commutata la pena per grazia governativa non richiesta, Cipriani è infine deportato in Nuova Caledonia. Nel 1881 ritorna in Italia. Arriva in treno a Rimini dove spera di incontrare il padre Felice, gravemente ammalato. Sua madre è morta di crepacuore nei giorni della Comune. Come racconta Vittorio Emiliani (in «Libertari di Romagna», 1995, p. 37), Cipriani «non fa nemmeno a tempo a scendere dal predellino della vettura ferroviaria che lo arrestano», e lo conducono alla Rocca malatestiana dove il giorno dopo la sorella Amalia gli manda un materasso, delle coperte ed alcuni indumenti. Dagli amici, annota lo stesso Cipriani, arrivano le vivande: «Veramente squisite. Sono i soli giorni buoni che ho avuto nella mia prigionia». Al concittadino Caio Renzetti, Cipriani confiderà: «Se Mazzini avesse vissuto, son certo, non mi avrebbe lasciato condannare a 20 anni senza alzar la voce in nome della giustizia italiana sì infamemente calpestata e disonorata». Sul periodo londinese e circa i rapporti con Mazzini, Emiliani (p. 31) narra che quando Cipriani va a bussare alla porta di Mazzini «questi gli batte la mano ossuta sulla spalla dicendogli semplicemente: So tutto». Il periodo londinese, aggiunge Emiliani, è forse quello più tranquillo della sua vita. «Si occupa come fotografo apprendista nello studio creato da Leonida e da Vincenzo Caldesi» anche per aiutare i compatrioti esuli. «Intelligente, laborioso, estroso, Cipriani diventa ben presto un ottimo fotografo». Ma il periodo londinese è anche quello che matura in Cipriani il credo rivoluzionario per realizzare la giustizia di cui sente parlare da Marx ed Engels che conosce personalmente. Aumenta così la sua distanza politica rispetto a Mazzini. «Uomo di poche idee, semplici ma ferme»: così Emiliani definisce Amilcare Cipriani. Invece Indro Montanelli, chiamandolo «pittoresco e pasticcione», ne fa un ritratto impietoso: «Il suo passato, la sua barba da profeta, il suo cappello a larghe falde, la sua scombiccherata, ma gladiatoria eloquenza, facevano di lui un mattatore irresistibile. Predicava che non c’era bisogno d'idee, perché in realtà lui non ne aveva nessuna» («Storia d'Italia, VI», 2003, pp. 189-190). La scena della foto scattata alla regina Vittoria, è al centro di un racconto che lo stesso Cipriani fece al giornalista Luigi Campolonghi, altro suo biografo (1912) citato da Emiliani (p. 32): «Chiacchierava con le persone del seguito, scherzava, s’agitava, ed io consumavo inutilmente tutte le lastre con tanto amore e con tanta fatica preparate». Tenuto a bada dai titolari dello studio, Cipriani «per un bel pezzo» tace, poi «impazientito» sbotta: «Madame, si vous ne restez pas tranquille, je ne ferai pas votre portrait!». Quel ritratto, aggiunge Emiliani, eseguito dall'uomo «più rosso d'Italia», deve certamente trovarsi nelle collezioni regali a Buckingham Palace (p. 32). «Non abbiamo invece una sola immagine della donna che Cipriani amò in quegli anni londinesi, la francese Adolphina Rouet, la quale gli diede una bambina». Nel 1993 la città di Anzio ha collocato «una sobria lapide» sul muro di cinta di Villa Albani dove era nato centocinquanta anni prima. Lo ricorda nel suo libro (p. 49) Vittorio Emiliani che fu presente alla cerimonia non soltanto come storico, ma soprattutto quale romagnolo. Storia della Repubblica Romana del Quarantanove, Guglielmo Natalini, Magnanti editore, Anzio, 2000 - prefazione di Vittorio Emiliani.

Nessun commento: