La strategia migliore per combattere il bullismo è la prevenzione, alla
base della quale c’è lo sviluppo un clima culturale, sociale ed emotivo
in grado di scoraggiare sul nascere i comportamenti di prevaricazione e
prepotenza. La scuola è il primo luogo di relazioni sociali per i
bambini e, in virtù del suo ruolo educativo, ha la responsabilità di
farsi portavoce di alcuni valori che possono aiutare a prevenire il
bullismo, come promuovere la conoscenza reciproca, favorire l’autostima
dei ragazzi, insegnare l’apertura verso la diversità e il rispetto degli
altri, insegnare ad affrontare i conflitti invece di negarli, spiegare
l’importanza del rispetto di regole di convivenza condivise. Riconoscere
il bullismo non è sempre facile. Da parte d’insegnanti e genitori sono
necessari ascolto ed osservazione dei ragazzi. Più il tempo passa, più i
ruoli si definiscono e le conseguenze diventano dannose. Contro il
bullismo si dovrebbero attivare sia la scuola sia la famiglia: è
importante che genitori e insegnanti comunichino tra loro e si metta in
atto un intervento condiviso e coerente. Se un genitore ha il sospetto
che il proprio figlio sia vittima o autore d’episodi di bullismo, la
prima cosa da fare è parlare e confrontarsi con gli insegnanti.
Viceversa, se è un insegnante ad accorgersi d’atti di bullismo, dovrebbe
convocare i genitori, sia del bullo sia della vittima, e organizzare
insieme una strategia condivisa per porre fine alle prevaricazioni.
Secondo il nostro assessore alla cultura, Laura Nolfi e alle politiche
sociali, Roberta Cafà, invece, il bullismo si combatte con le botte,
organizzando, insieme con la “Federkravmaga”, il 6 ed
il 7 marzo, nelle scuole medie ed al Chris Chappel College di Anzio,
degli incontri per insegnare agli studenti come difendersi usando
appunto le botte. Non sarebbe stato meglio organizzare
una serie d’incontri per sensibilizzare i cittadini ed i ragazzi sul
problema della violenza giovanile e bullismo con esperti? Gli insegnanti
della “Federkravmaga”, essendo anche agenti di polizia in servizio sono
stati remunerati (se hanno partecipato come atleti e sportivi) o hanno
dato il loro contributo come agenti di pubblica sicurezza (sperando
siano stati autorizzati allora dalle superiori autorità ministeriali
competenti)?
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