domenica 21 novembre 2010

Anzio ritrovata, fino al 15/12 (di Beatrice Della Bella).


Mai come in questi giorni, dopo i fatti di Pompei, sentiamo forte il bisogno di ritrovare le nostre radici. Di preservarle attraverso quei pochi tesori sui quali il tempo sembra essere stato più clemente, come ricordi sfumati che proprio per la loro evanescenza ci appaiono più preziosi. Sull’onda di questa strana nostalgia, perché non approfittare allora della mostra “Anzio e i suoi Fasti. Il tempo tra mito e realtà”, allestita dal 15 luglio al 15 dicembre nel Museo Civico Archeologico? Non abbiamo bisogno di andare lontano, per ritrovare il nostro passato: ha lasciato tracce ovunque. E’ proprio questo l’intento perseguito dal Comune di Anzio in collaborazione con la Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma: restituire ai cittadini quello che appartiene loro di diritto, rendere loro, anche se per un breve periodo quel senso di orgoglioso possesso che forse è andato un po’ perdendosi, mentre i reperti archeologici anziati andavano ad impreziosire i musei di tutto il mondo. Un’iniziativa che non c’è nuova, e che quest’anno ha scelto proprio il tempo come suo filo rosso. Quello stesso tempo che scorre polveroso sul calendario pre-cesariano ritrovato nel lontano1915 nell'area della Villa Imperiale, ed ora gelosamente custodito dal Museo Nazionale di Roma; quel tempo così prezioso per i romani da rendere l’otium un’attività dall’alto profilo intellettuale; quel tempo per sempre fermato nelle iscrizioni funerarie del Museo Nazionale di Napoli. Questo e molto altro attende il visitatore fino al 15 dicembre: il vaso in argento su cui è immortalato il mitico giudizio di Oreste, la statua dell'Hermes Loghios, il rilievo con Mitra, sono infatti solo alcuni dei tesori rinvenuti ad Anzio fra il Seicento e l’Ottocento che, grazie al prezioso contributo dei musei di Lazio, Veneto e Campania, possono in questa fine 2010 ritornare momentaneamente a casa. Un’occasione da non perdere, quindi, per regalarsi un tuffo nel passato di civiltà luminose e splendenti senza dover per forza andare lontano. Perché sono qui, dove hanno visto la luce per la prima volta e dove hanno osservato pazienti l’inesorabile scorrere del tempo.

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